La pagina è destinata a tutti i pellegrini e amici di San Giacomo di Compostella. Raccoglie le ricerche dei nostri storici, sulla presenza nell’Alto Piemonte nelle provincie di Novara – VCO – Vercelli Valsesia, della devozione per San Giacomo che è collegata al movimento di viaggiatori e pellegrini. In onore del Santo in passato furono edificati oratori, chiese, ospitali nei principali punti di passaggio : lungo le vie di grande traffico, nei pressi di un ponte o del guado di un fiume, sui valichi delle montagne. Con l’invito ai pellegrini di visitare questi luoghi.

A Novara esisteva l’antica prepositura di San Giacomo al Ponte o della strada, retta dai canonici mortariensi e documentata nel 1124. Sempre a Novara sorgeva la parrocchia dedicata a San Giacomo documentata nel1347, ma di origini molto più antiche. Essa sorgeva nell’attuale angolo del Crocifisso, sul corso Cavour, di fronte al palazzo Barbavara. Certo era una delle più antiche e in essa si recava processionalmente il Capitolo della Cattedrale in occasione della festa del titolare (il 25 luglio).
È ricordata anche in un atto del 2 maggio 1181 conservato nell’archivio dei parroci, dove si nomina il prete Ugone della chiesa di San Giacomo. La chiesa di San Giacomo in Novara era a tre navate con una volta molto bassa e con tre altari. Venne chiusa nel 1781. In seguito fu ridotta ad oratorio che occupò un piccolo spazio ricavato nella navata sinistra e che venne officiato nel 1807.
Nei pressi di Novara sulla statale che porta a Vercelli sorge la frazione di Casalino, Orfengo dove esisteva una chiesa dedicata a San Giacomo che nel 1596 era già diroccata come ricordano gli Atti della visita pastorale compiuta dal vescovo Bascapé. Poco più a sud di Orfengo, in una località oggi scomparsa di nome “Palliadina” che si trovava fra il paese di Pagliate e quello di Casalino, esisteva nel XII secolo una chiesa dedicata ai Santi Giacomo e Filippo che era proprietà dell’abbazia di San Giulio di Dulzago. Questa chiesa nel XIV secolo cadeva in rovina ed era priva di porte. A Ponzana sempre in comune di Casalino, ancora oggi è visibile all’interno, della comunità Shalom è visibile, in particolare un affresco con il miracolo dell’impiccato.
A Biandrate si trovava il priorato benedettino di San Giacomo con annessa la chiesa dedicata al Santo Apostolo, documentata a partire dal 1242. Sulla strada che da Novara conduce in Valsesia sorgeva l’antica pieve di Ghemme che un tempo era dedicata a San Giacomo. Qualche chilometro più ad est, nel paesino di Morghengo posto tra le risaie che si estendono da Sologno a Caltignaga, sorgeva in passato la chiesa di San Giacomo che viene ricordata a partire dal 1189 allorché fu donata da Pietro e Giacomo Pazardo al monastero di San Pietro di Cavaglio. Viene citata in alcuni documenti fra il 1217 e il 1468. All’inizio del Seicento si presentava ad un’aula monoabsidata con altare illuminato da una monofora. Poi cadde in rovina.Sulla strada che conduce ad Oleggio in direzione nord-est, nella zona collinare tra i vigneti, incontriamo il comune di Mezzomerico la cui chiesa parrocchiale è dedicata ai Santi Giacomo e Filippo, essa è documentata nelle Consignationes del 1347. Dedicata ai Santi Giacomo e Filippo era anche una domus documentata nel 13477 che si trovava a Borgoticino sulla sponda destra del fiume e poco più a nord, in località Cicognola presso la cascina Beati, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, nel territorio di Lupiate era stata edificata una cappella dedicata a San Giacomo documentata nel 1145. A Cressa sorgeva un’ospitale per pellegrini diretti a Santiago. Da Mezzomerico, attraversando le colline ancora oggi coltivate a vigna, si giunge a Suno dalla cui pieve dipendeva la parrocchia di Bogogno ove si trovava l’oratorio di San Giacomo posto lungo una strada che conduceva verso il Cusio e l’Ossola. Percorrendo questa strada si attraversa il paese di Maggiate Superiore la cui chiesa parrocchiale, già documentata in un istrumento del Capitolo di Gozzano datato 1181, è dedicata a San Giacomo apostolo.
Nei cartolari del 1221-1225 questa chiesa viene citata come confinante con la cascina Baraggiola e con la chiesa di San Germano di Talonno: Ecclesia sancti jacopi de mazzato et ecclesia sancti germani de talono”. Come scrive lo storico Ernesto Lomaglio riferendosi alla parrocchia di Maggiate Superiore, “la dedicazione a San Giacomo, patrono dei pellegrini, è indicativa dell’importanza della strada che univa Arona a San Martino di Gattico, a Baraggiola a, Briga, a Gozzano”. In effetti questa strada metteva in comunicazione il basso Novarese con il Vergante, il Cusio e l’Ossola. Da Maggiate Superiore, percorrendo antichi sentieri, si raggiunge la frazione di Baraggiola con la sua millenaria torre, quindi risalendo le colline si raggiunge la chiesa di San Michele alle Verzole, da qui si arriva al paese di Briga Novarese; nei pressi dell’antica chiesa di San Tommaso furono rinvenuti reperti di età romana, are votive, fistole plumbee di acquedotto, tombe con corredo funerario, embrici, urne, monete e altri oggetti che rivelano l’importanza del sito collegato nel II-III secolo d. C. alla strada Settimia che univa i valichi alpini ossolani alla valle dell’Agogna.
Lo studioso Donna D’Oldenico afferma che Briga “era situata lungo una via romana, poi francigena, e sin dal tempo di Liutprando (712-744) le fondazioni monastiche di chiese e cappelle rientrano nel quadro di ‘un profondo riordinamento della rete stradale romana’, sconvolta dall’impeto bellicoso dei barbari e quindi della creazione di quella rete di vie francigene dell’età altomedioevale sulla quale si svolse il movimento dei pellegrini e dei mercanti”. Briga era un territorio dominato nell’alto Medioevo dai conti di Biandrate-Pombia che furono protettori dell’Ordine Cluniacense a cui fecero munifiche donazioni, sostenendolo nella sua opera di riforma che favorì la fondazione di nuove celle monastiche, priorati e chiese, nonché la riorganizzazione della vita sociale ed economica in gran parte compromessa dalle invasioni ungare e saracene nel X secolo. Si può ipotizzare, in accordo con Donna D’Oldenico, che l’antica chiesa dedicata a San Tommaso (sec. XII) fosse stata realizzata dagli stessi monaci cluniacensi sostenuti dai conti di Pombia. “È quindi pensabile – scrive lo studioso – che i conti di Pombia siano stati coloro che, oltre ad averne la possibilità, abbiano avuto maggiore interesse a far costruire la chiesa di San Tommaso di Briga” sia “nell’intento di avviare, al termine delle scorrerie saracene ed ungare, la strutturazione religiosa e sociale di quel luogo facente parte del loro comitato”, sia perché rientrava nei loro obiettivi politici, in concorrenza e talvolta in ostilità con i vescovi e con il Comune di Novara, l’organizzare e controllare una strada che portava ai valichi dell’Ossola, valle allora in possesso del vescovo. Analizzando gli affreschi medievali dipinti nell’abside dell’antico oratorio, Donna D’Oldenico sostiene che questi, per alcune caratteristiche tipologiche, “furono eseguiti da monaci artigiani, (che) con ogni probabilità, appartenevano alla scuola di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, monastero che nel momento in cui il controllo delle vie di traffico che portava ai passi alpini imponeva una vera gara tra vari monasteri, fu presente ed attivo nell’organizzare la via francisca dell’Ossola, lungo la quale, come già si è detto, fin dalla prima metà del X secolo possedeva corti e mansi, godeva di giurisdizioni e di regalie. Il cenobio di San Pietro in Ciel d’Oro, centro della riforma cluniacense in Italia, contribuì all’impianto monastico dell’Occidente e, a cominciare dal secolo IX, diede organizzazione economica e sociale alle terre delle due sponde del Ticino, ove lungo tutto il fiume troviamo abbazie, priorati, chiese e cappelle di origine benedettina. Così l’azione missionaria e sociale benedettina penetrò nelle valli che si aprono a lato del fiume e del lago Maggiore e pure nell’Ossola, lungo la quale si svilupparono anche le comunicazioni con il Vallese e l’Europa del Nord. (…) La strada dell’Ossola costituiva per Pavia un’altra delle strade che eludevano il monopolio milanese, ossia la barriera ‘sempre più esosa e sempre più ambiziosa costituita da Milano degli Arcivescovi. E arriviamo a Gozzano che è una delle porte che apre verso il Vergante, che si raggiunge passando da Invorio Superiore la cui chiesa parrocchiale è dedicata a San Giacomo. Poco distante da Gozzano, in direzione nord-ovest, sorge Soriso sulle pendici del monte Fenera che separa la bassa Valsesia dal Borgomanerese e dal Cusio. La parrocchia di Soriso dipendeva dalla chiesa plebana di Gozzano a cui nel 1180 versava le decime. Qui era stato edificato un antico oratorio dedicato a San Giacomo apostolo che è documentato a partire dal 1124, fu poi trasformato in cappella in castro, infine venne eletta a chiesa parrocchiale. Subì nel secoli successivi diverse ristrutturazioni e ampliamenti che trasformarono radicalmente l’antico edificio sacro. L’attuale chiesa parrocchiale non è anteriore al 1534, ma la struttura denota “segni di una fabbrica molto più antica”.. Sulla parete meridionale della chiesa, sotto il portico che abbraccia interamente la parrocchiale, si intravedono ancor oggi lacerti di affreschi databili al XV secolo che raffigurano San Cristoforo protettore dei pellegrini; sempre all’esterno, sopra la porta centrale ubicata ad occidente, si nota un piccolo affresco effigiante San Giacomo apostolo che risale al XVII secolo. All’interno della chiesa, sulla parete meridionale nell’attuale cappella del Crocifisso, si individuano degli affreschi antichi che raffigurano la Madonna allattante e un San Giacomo in abito da pellegrino con il bordone in mano. Nella cappella adiacente emergono ancora frammenti di un affresco che potrebbe rappresentare San Giacomo. Probabilmente questa parete apparteneva all’antico oratorio quattrocentesco di cui i due affreschi affioranti sono la testimonianza artistica. Nel 1730 il pittore Tarquinio Grassi arricchì il presbiterio con alcune opere narranti episodi della vita di San Giacomo. Da Soriso, seguendo antiche tracce viarie, si può raggiungere Boleto la cui parrocchia è dedicata a San Giacomo. Da Boleto, scendendo verso il lago d’Orta, prima di imbarcarsi in direzione dell’Isola di San Giulio, i pellegrini facevano una tappa presso l’oratorio di San Giulio, situato tra Opagliolo e la Punta di Casario, immerso nel verde dei boschi in una stretta valletta che conduce al lago. In questo oratorio è affrescato un San Giacomo accanto alla Madonna e a San Giulio.
Sull’Isola di San Giulio sorge la basilica dedicata ai Dodici Apostoli che fu per molti secoli, e anche adesso, meta di numerosi pellegrinaggi che provenivano dal Novarese, dalla Valsesia nonché dalla valle di Sion in Svizzera. Nella basilica è conservato un affresco dedicato al Santo protettore dei pellegrini, fatto eseguire da Stefano il Cantore nel 1486.

Dopo aver attraversato il lago d’Orta, giunti ad Omegna, si può imboccare la Val Strona ove nel comune di Luzzogno sorge la chiesa parrocchiale dedicata a San Giacomo del XV secolo. A Mergozzo viene segnalato un oratorio dedicato a San Giacomo risalente al 1100 un altro oratorio ad una sola navata dedicato a San Giacomo è situato sulle pendici del monte Castello a Fondo Toce. L’oratorio viene ricordato nei documenti del 1347 come “San Giacomo de Oyra”, o “San Giacomo al Basso”, ma il Bianco (1930) e il Verzone (1937) lo fanno risalire alla metà del XII secolo. A cavallo fra XIV e XVII secolo l’oratorio serviva come edificio sacro agli abitanti della piana e dipendeva dalla chiesa matrice di Intra. All’interno sono dipinti sulla parete dell’abside degli affreschi che risalgono al XV secolo raffiguranti la Vergine in trono col Bambino,San Rocco, il Miracolo di San Giacomo e l’impiccato.
Nel Vergante, fra Stresa e Baveno, nel piccolo paese di Levo sorge la chiesa dedicata ai Santi Giacomo e Filippo, documentata nel 1050. Si trova attualmente in posizione periferica rispetto all’abitato ed è ad un’unica navata. Si dice che la chiesa fosse sorta sui resti di un tempio pagano dedicato al dio Sole di cui resterebbe come testimonianza una testina che è stata murata sul lato sud dell’architrave. La chiesa subì nel corso dei secoli varie ristrutturazioni, le parti più antiche sono il campanile, i fianchi occidentale e meridionale.
Le chiese dell’Ossola dedicate a San Giacomo sono documentate sul finire del XIV secolo o al più tardi all’inizio del XV secolo. A Vogogna, che fu nel Medioevo capoluogo dell’Ossola Inferiore, sorgeva una chiesadedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo. Non si conosce con certezza la data di fondazione dell’edificio sacro, tutti gli storiografi dell’Ossola però concordano nell’affermare che la chiesa vogognese, insieme alle parrocchie di Cuzzago e Premosello, dipendesse dalla pieve di Vergonte e che si fosse staccata da essa formando una parrocchia autonoma nel XIV secolo. Il borgo di Vogogna fu protagonista nel XIV secolo di un consistente aumento demografico, molte nobili famiglie ossolane come i De Rodis originari di Premia, i Rossetti di Montecrestese, i Ferrari di Piedimulera, gli Albertazzi e gli Albasini della Valle Anzasca, posero a Vogogna la loro nuova residenza. Era più che naturale che il borgo, avendo assunto una certa importanza politico-amministrativa, dovesse avere una propria chiesa parrocchiale che venne infatti eretta nella seconda metà del XIV secolo e che venne dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo protettori dei pellegrini e dei viandanti. I primi documenti che attestano l’esistenza della nuova chiesa parrocchiale di Vogogna risalgono al 1419-1420, quando vennero affissi sulle porte della chiesa gli ordini processuali. Probabilmente la nuova chiesa sorgeva nello stesso luogo ove esisteva ab antiquo un oratorio dedicato sempre a San Giacomo apostolo. Nei primi decenni del XVI secolo la chiesa subì una completa ristrutturazione che le diede una forma rinascimentale: “un corpo di pianta a croce latina a tre navate, un ampio presbiterio semiottagonale, un tiburio ottagonale all’incrocio. Due colonne cilindriche per lato separavano le navi e quattro grossi pilastri al centro permettevano l’impostazione del tiburio centrale davanti al presbiterio (…). L’antica chiesa di San Giacomo e San Cristoforo crollò spontaneamente il 1° settembre 1975 non provocando alcun danno a persone fisiche. Dalle macerie si salvarono le figure dei Santi Giacomo e Cristoforo scolpite sull’antico portale in serizzo. Oggi quelle antiche sculture sono state collocate ai lati della porta del nuovo campanile. Risalendo la valle ossolana lungo il fiume Toce, incontriamo un oratorio dedicato a San Giacomo sul monte Basciumo al confine fra il comune di Villadossola e Seppiana. A Trontano, all’imbocco della Valle Vigezzo, è documentata nel XVI l’esistenza di un oratorio dedicato a San Giacomo. Sempre in Valle Vigezzo e precisamente a Craveggia, esisteva prima del XV secolo unoratorio dedicato a San Giacomo il Maggiore. Successivamente la chiesa parrocchiale di Craveggia venne dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo. La devozione per questi due Santi associati nella titolazione, scrive lo storico Tullio Bertamini “ci obbliga a supporre la loro introduzione in un periodo in cui erano frequenti i pellegrinaggi, non solo a Gerusalemme o a Roma, ma anche a San Giacomo di Compostella, mete caratteristiche della devozione penitenziale del Medioevo. San Giacomo divenne quindi il patrono di tutti i pellegrini e dei viaggiatori, i quali incontravano nei tempi lontani ben maggiori scomodità che in quelli “turistici” moderni (…). L’intensa attività agricola, forestale e di allevamento negli alpeggi vicini e lontani, accompagnata da frequenti e spesso difficoltosi trasferimenti di bestiame e pastori, indusse, probabilmente, a introdurre una particolare devozione verso i Santi Giacomo e Cristoforo martire (…). Verso la fine del ‘300, ma probabilmente esisteva dal secolo precedente, è documentato un ospizio a Santa Maria Maggiore con il titolo dei Santi Giacomo e Filippo, per l’assistenza dei pellegrini in transito nella Valle Vigezzo. È ipotizzabile che anche a Craveggia nel medesimo tempo sia stato costruito un piccolo oratorio dedicato ai Santi Giacomo e Cristoforo”. La parrocchia di Craveggia dipendeva dalla chiesa plebana di Santa Maria Maggiore staccatasi dalla pieve di Domodossola intorno alla metà del XII secolo. Nella prima visita pastorale del maggio 1582 leggiamo che un oratorio sotto il titolo di San Giacomo era contiguo alla chiesa parrocchiale. All’interno vi erano due altari uno dei quali dedicato al Santo patrono dei viandanti. Nei primi anni del XV secolo gli abitanti di Craveggia pensarono di costruire una chiesa più ampia per ospitare il cresciuto numero della popolazione. La nuova chiesa parrocchiale venne consacrata il 20 novembre 1409, era lunga 12 metri, larga 8 metri, alta 6 metri, costituita da un’unica navata.Adiacente alla chiesa vi era l’antico oratorio dedicato ai Santi Giacomo e Cristoforo. Nel 1538 venne innalzata una solida torre campanaria. In seguito ad un ulteriore aumento demografico, nel 1582 le famiglie di Craveggia erano 200 per complessive 1500 anime, sorse l’esigenza di allargare la chiesa; i lavori di ampliamento iniziarono nel 1582. L’antico oratorio di San Giacomo fu abbattuto insieme alla chiesa, al loro posto fu innalzata una nuova chiesa a tre navate lunga complessivamente 24 metri, larga circa 16 metri. All’interno vi sono numerose opere d’arte che raffigurano San Giacomo: una statua del XVII sec. dello scultore Giorgio De Bernardis, un ciclo di tele raffiguranti alcuni episodi della vita di San Giacomo dipinte fra il 1727 e il 1734 dal pittore vigezzino Giuseppe Maria Borgnis. A Mozzio, in Valle Antigorio presso Crodo, sorge la chiesa parrocchiale di San Giacomo risalente alla fine del XVI secolo (1578). In questa chiesa vi è una pala settecentesca raffigurante il Martirio di San Giacomo, di ignoto autore.
Dalla Valle Antigorio i pellegrini e i viaggiatori entravano in Val Formazza e raggiungevano la Svizzera attraverso il passo di San Giacomo. In una valle laterale della Val Formazza, la Val Bedretto, sul finire del XIV secolo viene documentata l’esistenza di un oratorio di San Giacomo. Un ricovero per viandanti dedicato a San Bernardo e voluto dalla ricca e potente famiglia dei Rodis-Baceno è documentato a Premia nel 1352; sul confine con la Svizzera, al passo San Giacomo sorgeva in passato un ospizio per viaggiatori fondato nel 1405 da due monaci ossolani che fu dedicato ai Santi Caterina e Nicolao.

In Valsesia il culto di San Giacomo si diffuse fra il XII e il XIV secolo come attestano le chiese e gli oratori a lui dedicati, che sorsero lungo le strade più trafficate, presso i ponti, i guadi dei fiumi o i valichi alpini. Facciamo una breve visita a queste chiese. Ripartendo da Gozzano, percorriamo un’antica strada che collegava e che unisce ancora adesso il Cusio alla bassa Valsesia: la “Cremosina”. Nei pressi di Valduggia, sulla sponda sinistra del fiume Sesia, in una zona boschiva, su un sentiero che in passato era uno snodo viario di un certo rilievo che metteva in comunicazione la Valsesia con il Cusio, sorge a Cellio al Bosco un piccolo oratorio dedicato a San Giacomo, chiamato dalle popolazioni locali “San Jacu Pittu”. La denominazione si riferisce alle piccole dimensioni dell’edificio sacro, che “è uno dei più antichi monumenti religiosi della valle ed un raro documento dell’architettura romanica valsesiana”. È una chiesa in stile romanico molto semplice, ad un’unica navata lunga circa 8 metri, larga circa 5 metri, con il tetto a capanna. Fra gli affreschi conservati e risalenti al XV secolo vi è un San Giacomo Maggiore con due pellegrini e un impiccato. San Giacomo Maggiore regge con la mano sinistra i piedi del ragazzo appeso ad una forca. Di fianco vi sono due galletti simboli della Galizia, in basso, inginocchiati a mani giunte sono raffigurati due pellegrini, un uomo e una donna con una corta tunica ed un lungo bastone da viaggio che potrebbero anche raffigurare due personaggi di Cellio che hanno felicemente compiuto il pellegrinaggio a Compostella, o più semplicemente potrebbero essere i due protagonisti del famoso miracolo di San Giacomo sulla strada verso Compostella. Questo “miracolo dell’impiccatato viene riproposto attraverso l’arte figurativa inalcune chiese della nostra diocesi: nell’oratorio di Bogogno, in questa chiesa di “San Jacu Pittu”; inoltre nella chiesa parrocchiale di Varzo, nell’oratorio di San Giacomo a Fondotoce, nella chiesa annessa al monastero di Castelletto Cervo nel Vercellese.A Quarona, nella chiesa di San Giovanni Battista al Monte (secolo XII) vi èun affresco romanico, uno dei più antichi della valle, presumibilmente duecentesco, raffigurante San Giacomo a cavallo con un pellegrino, recante la scritta in spagnolo latinizzato: S. Jagus. La scena rappresenta San Giacomo con un mantello bianco mentre aiuta un pellegrino, con un berretto e un bastone, a salire sul suo cavallo. La Giacobino scrive: “Non bisogna dimenticare che un forte impulso alla diffusione in Valsesia, in tempi antichi, del culto di san Giacomo e del ‘camino de Santiago’ fu dovuto quasi sicuramente dai vicini monasteri cluniacensi di Locarno e Parone (frazioni di Quarona), fondati nell’XI secolo come dipendenza di Castelletto Monastero, ma la devozione a questo Santo persisterà in zona anche nei secoli seguenti, come testimoniano le numerose dedicazioni di chiese e, in particolare, l’oratorio di ‘Jacu Pittu’ di Cellio”. In una frazione di Quarona chiamata Vico, lungo l’antica strada della Valle, esisteva in passato un’osteria intitolata a San Giacomo. Vicino a Quarona, precisamente nella frazione di Vanzone, in una zona boschiva era stato edificato un oratorio dedicato a San Giacomo, documentato nel 1242, il quale un tempo si trovava ai piedi di un castello appartenente ai conti di Biandrate, ramo collaterale della famiglia comitale dei Pombia, che contribuì a diffondere lo spirito di riforma cluniacense sostenendo le sue opere e i monasteri dell’Ordine di Cluny. Risalendo la valle incontriamo altre chiese dedicate al Santo tanto venerato in Galizia. A Varallo, capoluogo della Valsesia, vi è una chiesa dedicata alla SS. Trinità la cui più antica dedicazione era ai Santi Giacomo e Filippo. Sempre a Varallo esisteva un tempo un ponte intitolato a San Giacomo, forse adiacente all’antico oratorio dedicatogli. Lungo la Val Mastallone, nella frazione di Brugaro, è eretto l’oratorio di San Giacomo con affreschi del XV secolo. A Fobello, sempre in Val Mastallone, c’è la chiesa parrocchiale di San Giacomo eretta nel 1545, ma di origini più antiche (XIII secolo). In un’altra valle laterale della Valsesia, in Val Sermenza, troviamo la chiesa parrocchiale di Rimasco anch’essa dedicata a San Giacomo e risalente al XV secolo. La chiesa parrocchiale di Campertogno, documentata nel 1415, è dedicata a San Giacomo. All’interno della chiesa vi è la seicentesca tela del pittore Gianoli che raffigura San Giacomo a cavallo in lotta contro i Saraceni, il quadro venne fatto eseguire dalla famiglia campertognese il cui cognome era Gallizia, che la tradizione ricorda essere originaria dell’omonima regione dove sorge il santuario di Santiago de Compostela. Il monastero di Castelletto Cervo, possedeva numerosi alpeggi in Valsesia e precisamente in Val d’Otro presso Alagna, paese che venne popolato agli inizi del Trecento dai coloni di provenienza anzaschina e gressonarda. Ad Otro, frazione di Alagna, è ancora esistente un oratorio dedicato a San Giacomo fatto erigere nel 1184 dai monaci cluniacensi del monastero di San Pietro in Castelletto.

Concludiamo il nostro viaggio facendo una breve escursione nel territorio a sud della Valsesia confinante con la diocesi di Novara, ma già incluso nella adiacente diocesi di Vercelli. Passiamo sulla sponda destra del fiume Sesia e costeggiamo il tortuoso torrente Sessera raggiungendo Crevacuore. Da lì proseguiamo verso sud seguendo un’antica strada che dalla Valsessera conduceva a Livorno Ferraris passando da Sostegno, Castelletto Monastero, Cascina San Giacomo, Buronzo. Lungo questa via di comunicazione in passato si trasportavano ferro, calce, si praticava la transumanza di greggi, su questa strada sorgevano alcune chiese che volevano mantenere viva la devozione e il ricordo di San Giacomo attraverso le raffigurazioni ad affresco.
A Roasio vi è un santuario dedicato a Sant’Eusebio, chiamato S. Eusebio de’ Pecorili o Poverili, che risale all’XI secolo;27 è a pianta quadrata e di modesta altezza. La chiesa ha subito nel corso dei secoli numerosi interventi di ristrutturazione che hanno snaturato la più antica struttura medievale. All’interno si può ammirare una teoria di affreschi presumibilmente del XVI secolo, fra cui è raffigurato un San Giacomo. La chiesa, affiancata da un campanile romanico, è a pianta quadrata e risale ai secoli XIII-XIV in passato era sita nel cantone chiamato Rovaxium vetus, in un registro dei Sinodali del 1438 viene citata col nome Ecclesia S. Mariae de Rovaxino veteri. Verso la fine del XVI secolo la chiesa subì un pesante intervento di ristrutturazione. L’interno è ad un’unica navata le cui pareti sono ricoperte da affreschi fra i quali, sulla parete della navata destra, troviamo raffigurati San Giacomo a fianco della Vergine Maria con il Bambino ed altri Santi. Concludiamo il nostro viaggio a Gattinara, sul confine con la diocesi di Novara. Nella zona coperta da vigneti denominata Vivòna, esisteva un piccolo villaggio di nome Vigoncino che viene citato in documenti che risalgono ai secoli XI-XII. In quel luogo si trova ancora oggi l’antico oratorio di San Giacomo risalente al XII secolo, di cui sono rimasti soltanto i ruderi.